Karol Kallay, il più noto fotografo slovacco amava l’Italia

Karol Kallay, il più significativo e internazionale fotografo slovacco, è morto a 86 anni sabato 2 agosto. Nato a Cadca (regione di Zilina) il 26 aprile 1926, Karol Kallay fece studi in economia e legge, laureandosi nel 1948, ma intraprese nonostante questo la carriera di fotografo professionista. Quando aveva 14 anni ha iniziato a fotografare con la sua prima macchina fotografica Rolleiflex, e a 16 anni partecipò a una mostra nazionale di fotografia a Bratislava. E vinse la medaglia d’oro. Collaborò con vari periodici in Slovacchia e all’estero, incluse alcune tra le più importanti riviste di moda a Parigi e Berlino, dove lasciò un suo segno personale (un suo motto diceva che gli abiti non sono di lamiera).

Karol Kallay, Cantieri navali di Komarno, 1957 (SNG, webumenia.sk)

 

Karol Kallay, Italia II, 1962, (SNG, webumenia.sk)

 

Già nel 1950 lavorava come fotografo freelance, e quattro anni più tardi pubblicò il suo primo libro sui fiumi slovacchi. Nel corso della sua vita ha pubblicato più di 35 libri (con i temi più vari, in particolare di paesaggio e reportage, che trattavano di Los Angeles, New York, Tokyo, Roma, Messico, Slovacchia) e le sue opere sono state esposte in molte decine di mostre in tutto il mondo. I suoi libri “Piesen o Slovensku” (Canzone sulla Slovacchia) e “Los Angeles” hanno vinto, tra gli altri, anche il premio Unesco per il più bel libro del mondo.

Ma il libro che lui preferiva, come ha scritto nel 2010 per il sito eTrend.sk, quello tra i tanti pubblicati che lo avevano reso maggiormente felice e orgoglioso, era un libro sull’Italia, sull’Italia del boom. Il libro, composto di scatti realizzati nel 1960 in occasione delle Olimpiadi di Roma – il suo primo viaggio in Occidente – si chiama “Italy Today”. Quello è stato «il libro più dolce e importante che ho pubblicato», ha scritto. «Il libro era ed è un grande successo. In certi ambienti professionali si disse allora che i tre libri “New York” di William Klein, “Sweet Life” di Ed van der Elsken e il mio “Italy Today” avevano in gran parte influenzato l’approccio al soggetto e l’apertura ai temi sociali dell’attualità».

Italia, 1960 (fonte eTrend.sk)

 

Italia, 1960 (fonte eTrend.sk)

 

Italia, 1960 (fonte eTrend.sk)

 

Italia III, 1960 (fonte eTrend.sk)

Da freelance ha viaggiato in tutto il mondo, e nel 1970 divenne membro della Federazione Internazionale delle Arti Fotografiche (FIAP) in Svizzera, che gli ha conferito il titolo EFIAP (Excellence de la Fédération Internationale de l’Art Photographique). Nel 1979 inizia una collaborazione con la rivista tedesca Geo (che nel 1992 lo nomina “Fotografo dell’anno”, e negli anni ’90 lavora per le riviste tedesche Stern, Spiegel e Focus. I lavori fotografici che mostrano il suo grande talento, in particolare nel settore reportage, sono stati esposti in oltre ottanta mostre personali in patria e all’estero (Praga, Berlino, New York, Mosca, Budapest, Varsavia, Bucarest, Sofia, Parigi, Amburgo, Baghdad, Il Cairo, Tokyo, Istanbul, L’Avana …), per non parlare delle collettive.

A scuola, Slovacchia, Karol Kallay, 1958 (SNG, webumenia.sk)

 

Mexico 1967 (SNG, webumenia.sk)

Tra i tanti premi e onorificenze, nel 1998 ricevette dal Presidente della Repubblica Slovacca la Croce di Pribina di I classe per la sua carriera, onorificenza riservata agli slovacchi “per speciali meriti per lo sviluppo della Slovacchia in campo economico, culturale e sociale”.

New York 1965 (SNG, webumenia.sk) 

Karol Kallay, Bratislava moja, (fonte ephoto.sk)

Non ho mai pensato di aver raggiunto il massimo, ha detto il fotografo in un’intervista di qualche tempo fa, ma ho voluto esplorare come avrei potuto migliorarmi ancora. Per saperne di più su di lui: karolkallay.sk.

L’ultima mostra di rilievo è stata realizzata lo scorso anno nella capitale slovacca nell’ambito del festival Mese della Fotografia di Bratislava. Il titolo “Bratislava Moja” tradiva un atto d’amore verso la città d’adozione, con fotografie del dopoguerra in gran parte mai esposte, che hanno poi dato vita al volume dallo stesso titolo edito nei primi mesi di quest’anno.

(Pierluigi Solieri)

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