Castello di Červený Kameň

 

Il castello di Červený Kameň (Pietra Rossa) sorge nei Piccoli Carpazi, nella Slovacchia occidentale, poco a nord della capitale slovacca Bratislava. Si tratta del più bel castello della regione dei Piccoli Carpazi, e uno dei meglio conservati in Slovacchia.

Sul luogo ove si eleva il castello (Hrad Červený Kameň, in ungherese Vöröskő, in tedesco prima Rotenstein e poi Bibersburg), dopo le invasioni tartare fu edificata su richiesta della regina Costanza d’Ungheria, nel Duecento, una fortezza che si inserì nel sistema difensivo ungherese sulla frontiera occidentale del regno, sulla linea di confine che va da Bratislava a Žilina, e apparteneva alla Corona. Passò poi al potente Matúš Čák Trenčiansky, uno dei nobili di più alto grado nel regno che tra il XIII e il XIV secolo aveva il controllo delle contee nord-occidentali dell’Ungheria, corrispondenti a buona parte dell’attuale Slovacchia.

 

In seguito il castello appartenne alla famiglia di origine croata Zapolski (Zapolya), che aveva diversi feudi e castelli nel territorio della Slovacchia, e ai Thurzo, altri palatini del Regno d’Ungheria, la famiglia forse più ricca del regno.

Fu acquisito nel Cinquecento dalla famiglia tedesca Fugger di Augusta, magnati e finanzieri delle case regnanti d’Europa e partner commerciali dei Thurzo, che la demolirono per ricostruirla in stile rinascimentale. Anton Fugger, la cui ricchezza veniva dalle miniere di rame e altri metalli preziosi, nonché dal loro commercio, vide il potenziale e pensò di sfruttare la posizione strategica della fortezza, vicina a Bratislava e Vienna, per usarla come deposito dei materiali estratti nei territori della Slovacchia centrale. I Fugger si erano arricchiti con il commercio di tessuti e nel settore bancario, e investirono in molti settori tra i quali l’estrazione di metalli, la finanza e le spedizioni marittime, come la più potente multinazionale europea. Al tempo la Slovacchia era tra i maggiori produttori di rame al mondo, e la ‘joint-venture’ tra i Thurzo e i Fugger praticamente aveva il monopolio in Europa.

 

Negli anni 1535-1537 fece in parte demolire l’esistente edificio e costruire sulla sua circonferenza nuove fortificazioni, creando al centro una grande corte rettangolare e concludendo il perimetro con quattro possenti bastioni angolari, riservando una sola ala per scopi residenziali. Con queste massicce misure di difesa, ai piani inferiori fece costruire enormi scantinati seminterrati per lo stoccaggio di merci preziose, che avrebbe poi spedito in tutta Europa.

 

Queste colossali cantine, che si estendono nell’ala sud-occidentale dell’edificio per un’altezza di sei piani (si possono ancora vedere sulle alte mura i fori per le travi), sono considerate tra le più vaste dell’Europa centrale. L’ambiente più grande è lungo ben 72 metri. Le mura sono spesse fino a 4 metri, tanto che è pure difficile riuscire a ricevere il segnale per il cellulare. In un angolo delle cantine è ancora visibile la roccia viva, calcare di colore rossastro a causa del minerale di ferro che contiene, che ha dato il nome al castello.

I lavori si svolsero sotto la direzione del lombardo Giovanni Spazzo (noto anche come Ján Spazzo) che lavorò anche al castello di Praga, e il progetto, che fu realizzato con le più moderne tecniche costruttive e difensive del tempo, seguiva in modo fedele le idee espresso da Anton Fugger. Il castello aveva due barbacani e tre porte con ponti levatoi, diversi cunicoli sotterranei di collegamento, un presidio militare e nei bastioni erano nascosti, sempre pronti all’uso, fucili e cannoni, con un moderno sistema di ventilazione per disperdere il fumo dei colpi.

I lavori presero vent’anni. In seguito continuarono con la costruzione di più spazi abitativi e una cappella, ampliando anche i magazzini. Più tardi, temendo per i loro affari quando stava crescendo il pericolo di una invasione dei Turchi, i Fugger decisero di vendere il castello.

 

Lo comprò nel 1588 insieme alla tenuta il barone Miklós (Mikuláš) Pálffy, che conquistò pure il cuore della nipote di Anton Fugger, Maria Madgalena, che sposò e con la quale ebbe cinque figli e tre figlie. Pálffy era stato nominato nel 1580 capitano del castello di Bratislava e governatore della contea omonima. In seguito gli vennero conferiti altri titoli come quello di governatore e capitano della contea di Komárno e nel 1598 re Rodolfo II d’Asburgo, Imperatore del Sacro Romano Impero, lo nominò conte imperiale. Fu il comandante più importante nella guerra dei 15 anni contro la Turchia.

 

Egli modificò la fortezza aggiungendo alloggi residenziali per sé e la famiglia in forme rinascimentali, aggiungendo al piano principale la Sala Terrena, che ha l’aspetto di una grotta con un ricco apparato di pitture murali di artisti italiani, per lo più affreschi di Carpoforo Tencalla.

 

La casata Pálffy continuò a possedere il castello fino al 1945, facendo nel corso del tempo numerose modifiche e aggiornamenti architettonici e tecnologici. A fine Seicento il nipote Mikuláš IV rimodernò il castello secondo gli stilemi del primo periodo barocco. Nella seconda metà del Settecento il conte Rudolf fece altre modifiche e ampliamenti, dando alla struttura l’aspetto attuale. Nel corso dei secoli, il castello subì anche due grandi incendi, ma fu sempre ricostruito. I Pálffy erano collezionisti d’arte e raccoglievano reperti rari per la loro wunderkammer. Oggi una parte di tali oggetti fanno parte della mostra del museo.

 

Nel marzo del 1945 l’ultimo erede Karol Pálffy si trasferì in Germania insieme alla madre, prima che l’Armata Rossa sovietica arrivasse a liberare la regione. Il castello passò allo Stato, sotto il controllo della neonata Commissione culturale nazionale, creata nel 1946.

Fin dagli anni precedenti l’edificio era considerato un oggetto di grande valore storico. Dall’inizio del Novecento una parte degli appartamenti residenziali era stata aperta a visitatori interessati, in genera la domenica o durante i periodi di vacanza. Le sale più private rimanevano però chiuse agli occhi estranei.

La Commissione culturale nazionale, che si occupava di raccogliere opere d’arte, oggetti d’uso, arredi, archivi storici e biblioteche abbandonate dalla nobiltà, cominciò a confiscare parte degli arredi di altre residenze dell’aristocrazia nella Slovacchia occidentale e iniziò gradualmente ad accumulare questi materiali all’interno del castello, dando il via al tempo stesso a un restauro conservativo del sito.

 

Nel 1949 il castello fu aperto al pubblico, e proclamato proprietà culturale nazionale insieme ad altri tredici edifici. Un po’ alla volta furono messi insieme oggetti d’arte e di valore provenienti da 31 castelli e due monasteri, e vennero convogliati a formare la collezione del castello di Červený Kameň. Fu iniziata anche una vasta opera di restauro delle collezioni, in particolare del mobilio d’epoca e dei dipinti. Con un nuovo statuto del 1970 il museo viene specializzato per l’esposizione degli arredi e dello stile di vita della nobiltà, e il castello viene proclamato monumento culturale nazionale.

 

Nel 1978 iniziarono dei lavori importanti di ristrutturazione che durarono un decennio e toccarono il castello e tutta l’area circostante. Nel 1979 il Museo di Červený Kameň entra a far parte del Museo Nazionale Slovacco (SNM) come uno dei suoi musei specializzati. Nel 1997 fu inaugurata un’ultima parte della mostra museale.

 

Il castello è quasi completamente visitabile con tour di diversa lunghezza. Sono visibili tra gli altri, la Sala dei Cavalieri, la Sala Terrena, diversi salotti arredati, la cappella barocca, la biblioteca, la farmacia del castello, il pozzo profondo 120 metri e le cantine.

 

Oggi il museo accoglie oltre 13.500 oggetti e opere d’arte. L’elenco delle collezioni ospitate include mobili dal XVI al XX secolo, una collezione di arredi rinascimentali italiani e due stanze in stile Secessione ungherese, ceramiche, porcellane e vetri di varie fatture, epoche e provenienze, una collezione di dipinti, tra i quali una serie di ritratti di diverse famiglie aristocratiche ungheresi, collezioni di grafiche, sculture, armi di diverse epoche, tessuti, tappeti, arazzi, uniformi militari, oggetti di uso quotidiano come lampade, posate, vassoi e contenitori, ma anche fermacarte, oggetti ricordo o trofei di caccia.

 

Poi c’è la biblioteca appartenuta ai Pálffy e ad altre famiglie (Zichy, Oldeburg, Odescalchi, Chotek, Esterhazy, Steiger), composta da 14.200 volumi, in gran parte del XIX secolo ma con numerosi libri del Cinquecento, Seicento, Settecento e Novecento, che il museo sta attualmente digitalizzando.

 

Molto interessante anche la farmacia, che Mikuláš IV Pálffy fondò nel 1676 dopo aver viaggiato in Italia e Germania. La farmacia “Zlatý orol” (Aquila d’oro) era fornita di tutto quel che poteva servire alla famiglia, agli ospiti e alla servitù . C’erano composti per curare peste, colera, tifo, dissenteria, gotta, coliche e febbri varie. Un ricettario del 1727 cita anche la produzione di liquori, dolci e cosmetici. Gli arredi in mostra risalgono al 1752, con vasi, scaffali e cassetti per la conservazione delle erbe medicinali seccate, in polvere o in pillole. I contenitori in maiolica sono prodotti dell’artigianato Haban del vicino villaggio di Košolná, mentre fiale e bottiglie provengono dalla vetreria di Doľany.

 

Il castello è noto per le numerose attività, anche serali, soprattutto durante l’estate, quando si svolgono nella corte o nell’area intorno festival di vario tipo, concerti, mercati artigianali, riproposizioni di mercati medievali e rinascimentali, e mercatini di antiquariato.

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Info:

Častá, distretto di Pezinok, regione di Bratislava

Indirizzo:
Červený Kameň – Museo SNM
900 89 Častá
Tel. +421 (0) 33 / 245 5103
E-mail: info@hradcervenykamen.sk
Web www.snm.sk
Web www.hradcervenykamen.sk

Orari di apertura:
Da ottobre ad aprile: martedì-domenica ore 9:30-15:30
Da maggio a settembre: tutti i giorni ore 9:00-17:00
Visite guidate con diversi percorsi da 45, 60 o 75 minuti, anche in inglese. Maggiori info sul sito.

 

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Photo credits:

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